La storia (un brevissimo riassunto delle mie letture): Pompei ai tempi dell’eruzione del Vesuvio contava pressappoco 20.000 abitanti.
Dagli scavi effettuati sono emersi 35 forni dove si svolgeva la panificazione. Erano come quelli delle nostre pizzerie, con il tiraggio avanti e la camera di combustione indietro.
Il tipo di pagnotta più diffusa era il Panis Quadratus, realizzata con acqua, farina di grano tenero e lievito madre, di forma circolare, era suddivisa in otto spicchi identici e presentava una sorta di scanalatura in orizzontale lungo tutta la circonferenza dove veniva inserito e annodato uno spago prima di infornare. Con lo sviluppo del pane in forno, lo spago veniva inglobato dalla pagnotta lasciando solo la parte eccedente annodata che serviva per appendere le pagnotte per l’asciugatura e per il successivo trasporto da parte degli acquirenti. Il lievito usato ce lo descrive Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis Historia”. Il miglio veniva impastato con il mosto bianco di tre giorni, quindi veniva essiccato al sole e trasformato in piccole focacce. Quando si panificava le focacce venivano prima messe a bagno in acqua, poi lessate con la farina di farro finissima e quindi amalgamate alla farina. I Greci avevano stabilito che per un modius (8,733 litri) di farina bastavano otto once (218,24 grammi) di lievito.
Questa è ricetta che ho elaborato sulla base delle letture e anche con i preziosi suggerimenti di
Giancarlo
. Ho cercato, per quanto possibile, di immaginare di trovarmi all’epoca dei Romani e quindi senza molti degli strumenti che oggi la tecnologia ci fornisce (frigorifero, cella di lievitazione, ecc.).Si comincia col preparare un’acqua fermentata (in sostituzione del mosto che in questo periodo non è disponibile) con 500 ml di acqua tiepida, un cucchiaino di miele e 250 g. di frutta (mela, uvetta,ecc) che deve stare a 30° per 48 h. in barattolo chiuso ermeticamente. Ogni 12 h bisogna agitare e sfiatare il barattolo.
Ottenuta l’acqua fermentata si preparerà un poolish con 110 g. di acqua fermentata e 110 g. di farina di farro bio. Il poolish fermenterà a 23° tra le 12 e 20 ore (a me ne sono occorse 16) quindi non vi scoraggiate.
Impasto: farina tipo 1 g. 750, acqua 450 ml. (idratazione compl. 65%), sale 18 g, semi di papavero 8 g., semi di finocchio selvatico 8 g., prezzemolo (le foglie ben asciutte e tagliuzzate finemente) 20 g.
Lievitazione a t.a. (22/25°) fino al raddoppio.
Laminazione con inserimento dei semi e del prezzemolo e preformatura, appretto 1’30” circa.
Formatura schiacciando sulla pagnotta un ferro da lana o un bastoncino piuttosto doppi (all’incirca quanto un dito mignolo) formando otto spicchi uguali. Quindi praticare al centro della pagnotta un foro per tutta la sua altezza. Poi passare per tutta la circonferenza della pagnotta, a metà della sua altezza, uno spago (circa 1 metro) che annoderete senza stringerlo troppo alla pagnotta (lo spago, infatti, risulterà inglobato al pane durante lo sviluppo in forno). Infine praticare dei piccoli tagli lungo i solchi degli spicchi per favorire lo sviluppo della pagnotta.
Forno preriscaldato a 250°, cottura a vapore per i primi 20’ e poi a scalare fino a 180° (a spiffero l’ultimo quarto d’ora) su pietra refrattaria. Temperatura di uscita al cuore 96°.
Vobis sit bene!